Gli alunni del liceo “Danilo Dolci“ in questa iniziativa ci hanno voluto mettere la faccia e per questo hanno avuto un'idea singolare ed efficace per illustrare la propria richiesta: hanno realizzato una videolettera indirizzata all'Agenzia per i Beni sequestrati confiscati, alla Provincia di Palermo e al sindaco della città Leoluca Orlando, per sollecitarli affinché cerchino e trovino una soluzione e li aiutino a dotare la loro scuola e il loro quartiere di un servizio, anche per la collettività.
Ci sono decine di immobili sottratti ai boss a Palermo che potrebbero essere destinati alle scuole. Il progetto del liceo “Dolci” è sostenuto dalla «Fondazione Progetto Legalità onlus in memoria di Paolo Borsellino e di tutte le altre vittime della mafia» (old.progettolegalita.it), fondata da magistrati e impegnata da anni in servizi e progetti per l'educazione alla legalità nelle scuole di tutta Italia.
«gli studenti sono al corrente che il bene confiscato è un immobile appartenente a un patrimonio aziendale e che, pertanto, ogni decisione in merito non potrà prescindere dal fatto che la legge prevede che le Aziende possano essere vendute, affittate, liquidate e i beni aziendali messi a reddito. Ma valutare queste ipotesi è proprio ciò che chiedono al Comune, ente che subentrerà alla Provincia che ha avuto assegnato i locali della scuola proprio dal prefetto Umberto Postiglione, il 7 maggio.
La richiesta trova riscontro anche nella nuova programmazione dei fondi europei», dice il dirigente scolastico, Domenico Di Fatta. Per Giambattista Tona, presidente della Fondazione Progetto Legalità onlus «I ragazzi hanno voluto "sapere per saper fare", di questo va dato loro merito e riscontro, possibilmente positivo. Hanno dato il buon esempio per poterlo, ora, pretendere dagli adulti. Il modo migliore di far crescere Brancaccio è costruire per la propria comunità: ciò che facevano persone di cuore come Don Pino Puglisi e Giovanni Lo Porto.
La scuola lo scorso anno ha perso un alunno, Marco Muratore, per un incidente con la moto. Mi ha colpito che la famiglia e i compagni di scuola abbiano cercato di tramutare il proprio dolore in insegnamento per la sicurezza degli altri».